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Sentenza Corte Costituzionale del 09 febbraio 2023 n. 14

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Corte Costituzionale del 09 febbraio 2023 n  14

Corte Costituzionale del 09 febbraio 2023 n. 14 / Covid e obbligo vaccinale: personale sanitario

ID 18943 | 10.02.2023 / In allegato Sentenza

Corte Costituzionale del 09 febbraio 2023 n. 14 - Covid e obbligo vaccinale: personale sanitario

COVID-19: L’obbligo vaccinale per il personale sanitario non costituisce una misura irragionevole né sproporzionata se l’obiettivo è quello di prevenire la diffusione del virus e di salvaguardare la funzionalità del sistema sanitario.

Norme impugnate: Artt. 4, c. 1° e 2°, del decreto-legge 01/04/2021, n. 44, convertito, con modificazioni, nella legge 28/05/2021, n. 76, e dell'art. 1 della legge 22/12/2017, n. 219.

Oggetto: Salute - Profilassi internazionale - Vaccinazioni anti SARS-CoV-2 - Previsione di obblighi vaccinali per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, parafarmacie e negli studi professionali - Omissione o differimento della vaccinazione solo in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche - Sospensione, nel caso di accertata inosservanza dell'obbligo vaccinale, dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o che comportano il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2. Consenso informato - Omessa previsione dell'esclusione dalla sottoscrizione del consenso informato nelle ipotesi di trattamenti sanitari obbligatori - Previsione di obblighi vaccinali per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario - Omessa previsione dell'esclusione dell'onere di sottoscrizione del consenso informato nel caso di vaccinazione obbligatoria.

Dispositivo: non fondatezza - manifesta inammissibilità

...

Con la sentenza n.14 del 2023, la Corte ha ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, concernente l’obbligo vaccinale per la prevenzione dell’infezione da SARS-Cov-2 per il personale sanitario.

Come anticipato con il comunicato del 1° dicembre scorso, la Corte ha ritenuto che la scelta assunta dal legislatore al fine di prevenire la diffusione del virus, limitandone la circolazione, non possa ritenersi irragionevole né sproporzionata, alla luce della situazione epidemiologica e delle risultanze scientifiche disponibili.

In continuità con la propria giurisprudenza in materia di trattamenti sanitari obbligatori, la Corte ha ribadito innanzitutto che l’articolo 32 della Costituzione affida al legislatore il compito di bilanciare, alla luce del principio di solidarietà, il diritto dell'individuo all’autodeterminazione rispetto alla propria salute con il coesistente diritto alla salute degli altri e quindi con l’interesse della collettività.

In applicazione di questi princìpi, la Corte ha giudicato non fondati i dubbi di costituzionalità prospettati dal giudice rimettente: di fronte alla situazione epidemiologica in atto, infatti, il legislatore ha tenuto conto dei dati forniti dalle autorità scientifico-sanitarie, nazionali e sovranazionali, istituzionalmente preposte

al settore, quanto a efficacia e sicurezza dei vaccini; e, sulla base di questi dati scientificamente attendibili, ha operato una scelta che non appare inidonea allo scopo, né irragionevole o sproporzionata. Come emerge dall’analisi comparata, del resto, misure simili sono state adottate anche in altri Paesi europei.
Nella sua pronuncia, in particolare, la Corte ha chiarito – sempre in linea con la propria giurisprudenza - che il rischio remoto, non eliminabile, che si possano verificare eventi avversi anche gravi sulla salute del singolo, non rende di per sé costituzionalmente illegittima la previsione di un trattamento sanitario obbligatorio, ma costituisce semmai titolo all’indennizzo.

“Non può, pertanto, condividersi – si legge nella motivazione della sentenza - la lettura che il Collegio rimettente dà della giurisprudenza di questa Corte, la quale ha, per contro, affermato che devono ritenersi leciti i trattamenti sanitari, e tra questi le vaccinazioni obbligatorie, che, al fine di tutelare la salute collettiva, possano comportare il rischio di ‘conseguenze indesiderate, pregiudizievoli oltre il limite del normalmente tollerabile’ (sentenza numero 118 del 1996)”.

Quanto, infine, alla censura di contraddittorietà di una disciplina che impone il consenso a fronte di un obbligo vaccinale, la Corte ha rilevato che “l’obbligatorietà del vaccino lascia comunque al singolo la possibilità di scegliere se adempiere o sottrarsi all’obbligo, assumendosi responsabilmente, in questo secondo caso, le conseguenze previste dalla legge”.

“Qualora, invece, il singolo – continua la sentenza - adempia all’obbligo vaccinale, il consenso, pur a fronte dell’obbligo, è rivolto, proprio nel rispetto dell’intangibilità della persona, ad autorizzare la materiale inoculazione del vaccino”.

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